16 Gen MONDO BEAT
DATA INIZIO:
Novembre 1966
DATA FINE:
Luglio 1967
LUOGO:
Milano
DIRETTORE:
Melchiorre Gerbino
PRINCIPALI COLLABORATORI:
Melchiorre Gerbino, Umberto Tiboni, Gennaro De Miranda, Vittorio Di Russo, Gianni De Martino, Tella Ferrari, Gunilla Unger, Adriano [pseudonimo di autore non noto], Renzo Freschi, Livio Cafici, Tito Livio Ricci, Silla Ferrandini, Giorgio Tavaglione, Pino Franzosi, Giorgio Cavalli, Cina [pseudonimo di autore non noto], Andrea Valcarenghi, Edoardo [pseudonimo di autore non noto], Enrico [pseudonimo di autore non noto], Poppi Ranchetti, Gianni Milano, Antonio Pilati, Marco Maria Sigiani, Marco Daniele, Claudio Pitschen.
DESCRIZIONE:
«Mondo beat» è la prima rivista underground nata in Italia negli anni Sessanta e si connota come il principale punto di riferimento per i movimenti beat e provo italiani; la sua storia deve considerarsi parte rilevante della storia dei movimenti controculturali che preludono al Sessantotto. Realizzata a Milano su iniziativa di Vittorio Di Russo, Melchiorre Gerbino e Umberto Tiboni, assieme ad altri animatori del movimento beat della città, la rivista nasce come espressione immediata della volontà di creare un movimento di protesta ispirato all’esperienza dei Provo olandesi e caratterizzato al contempo da istanze già presenti nel più ampio movimento beat internazionale. I primi due numeri – il n. 0 e il n. 00 – vengono stampati in ciclostile e presentano in copertina la dicitura “numero unico”, solitamente utilizzata dalle riviste underground per aggirare la legge sull’autorizzazione alla stampa. Il primo numero viene stampato grazie all’aiuto di Giuseppe Pinelli nella sezione anarchica Sacco e Vanzetti di Milano, a conferma della vicinanza tra i movimenti anarchici e gli ambienti beat; la sede della redazione è indicata sotto la statua di Vittorio Emanuele in piazza Duomo, luogo di ritrovo dei beatnik milanesi. Sul n. 00 compare il comunicato di fusione con Onda verde, gruppo provo milanese composto tra gli altri da Andrea Valcarenghi, Marco Maria Sigiani e Antonio Pilati. All’inizio del ’67 Gerbino ottiene l’autorizzazione dal tribunale e diventa direttore responsabile della testata, contestualmente Tiboni affitta un fondo in via Montenero 37, che diventa la sede ufficiale della redazione. Il primo marzo del 1967 esce il n. 1 della rivista, il primo munito di autorizzazione e pubblicato a stampa in migliaia di copie. «Mondo beat» si propone in questo numero come giornale unitario dei movimenti beat e provo milanesi, ma anche come organo di collegamento tra i vari gruppi operanti in Italia, e pubblica un manifesto programmatico intitolato Metodologia provocatoria, nel quale il metodo della provocazione non violenta, ripreso dai Provo olandesi, viene dichiaratamente adottato assieme alla pratica dei Piani bianchi dedicati ai diritti civili, e indicato come elemento unificatore tra le varie anime del movimento. Il numero viene immediatamente sequestrato dalla questura a causa delle parole, ritenute oscene, dell’articolo di uno studente liceale, Renzo Freschi, intitolato La squola la squola la squola; in seguito verranno arrestati i ragazzi che distribuivano il giornale per le strade per la mancanza di autorizzazione alla vendita. L’episodio rappresenta uno dei tanti momenti di scontro con polizia e magistratura che finiscono per occupare le pagine della rivista, impegnata a difendersi e a difendere il movimento da accuse mendaci e da una violenta campagna denigratoria messa in moto dai quotidiani, in primo luogo dal «Corriere della sera», così come a denunciare gli abusi e la violenta repressione della polizia, alla quale i giovani beat rispondono con lo sciopero della fame e manifestazioni non violente lanciate proprio dalle pagine della rivista. Si veda in proposito il duro attacco al «Corriere» che apre il n. 3 e l’esposto indirizzato alla procura e ai ministeri contro la violenza della polizia comparso a chiusura dello stesso numero. Quando nel gennaio del ’67 Di Russo lascia Milano la direzione del giornale viene gestita da Gerbino e Tiboni, fino all’arrivo in città di Gianni De Martino, che diventa capo redattore a partire dal n. 3, il quinto della rivista. L’organigramma di «Mondo beat», stante una divisione dei ruoli molto fluida e una collaborazione aperta a tutti, vede la partecipazione costante di molti autori, tra cui Gunilla Unger e Tella Ferrari – che di fatto compongono la redazione assieme ai direttori – e dei membri di Onda verde, oltre che un gruppo nutrito di collaboratori “irregolari”; buona parte delle firme comparse in rivista rimane sostanzialmente anonima per i lettori – indicate unicamente dal nome o dal soprannome, come nel caso di Cina, Adriano, Tella, Enrico, etc. -, ma spesso le loro identità rimangono sconosciute agli stessi membri del gruppo. A conferma della funzione di raccordo tra i le varie voci del movimento che la rivista si prefigge di svolgere compaiono anche interventi, documenti e testi letterari di beatnik di tutta Italia tra i quali Gianni Milano, che a Torino cura le edizioni di poesia beat Pitecantropus, Carlo Silvestro, poeta romano membro di Provo Roma Uno, e il Beatnik’s clan di Monza, che pubblica la sua Lettera al Partito sul n. 00; accanto alle esperienze italiane vi sono diversi resoconti e testimonianze della situazione internazionale provenienti in particolare dal movimento pacifista. La sede della rivista in via Montenero, conosciuta come la “cava”, diventa immediatamente meta e rifugio di un numero sempre crescente di adolescenti scappati di casa e dalle loro famiglie, di globetrotter di varia provenienza, ma anche di sottoproletari immigrati dal Sud e in generale di persone che vivono ai margini della società; gli spazi della redazione si rivelano presto insufficienti a contenere il numero dei frequentatori, così che i redattori si decidono ad affittare un campo nei pressi di via Ripamonti che diventerà la sede di un grande campeggio noto alle cronache con il soprannome di Barbonia City, luogo simbolo del movimento beat italiano, dove per pochi mesi lavorerà la stessa redazione, fino allo sgombero forzato del 12 giugno 1967. Tra gli argomenti caratterizzanti della rivista si trova in primo luogo il pacifismo, che costituisce uno dei fulcri tematici principali: accanto alle testimonianze di chi ha rifiutato di assolvere l’obbligo di leva e per questo viene perseguito legalmente, sono numerosi e significativi gli interventi teorici contro la guerra, tra i quali si segnala in particolare il Discorso sulla pace generica di Valcarenghi (n. 1), nel quale si insite sull’indistinzione delle colpe tra aggressore e aggredito in situazioni di conflitto e sulla negazione della solidarietà ideologica nei confronti di una delle parti, questione che, nel contesto della Guerra Fredda, equivale al rifiuto di difendere le posizioni dell’URSS. Tra le tematiche tipiche del movimento beat le filosofie orientali hanno un posto di scarso rilievo all’interno della rivista, mentre appaiono preminenti i temi legati alla libertà dei costumi e ai diritti civili; si contano diversi interventi sulla libertà sessuale, ma appare prevalente la focalizzazione sulle istituzioni familiari e scolastiche e sul condizionamento da essi esercitato, cui sono dedicati specificamente La famiglia focolare di egoismo di Anto Mariani (n. 4) e gli interventi di Freschi sulla scuola (n. 1 e 2). Si rivendica soprattutto la libertà di seguire le proprie inclinazioni personali nelle scelte di vita e nella formazione culturale, il diritto, in sostanza, a svincolarsi dai “padri”, a cui si affianca la lucida consapevolezza che la possibilità della libera scelta è in realtà eterodiretta dal sistema consumistico e influenzata dai linguaggi mediatici, che vanificano nella sostanza le differenze tra le alternative possibili (cfr. in particolare Antonio Pilati, Le scelte castrate, n. 00, e Giuseppe Curcio, L’omo e la botte, n. 3). Attraverso i numerosissimi testi letterari, in prosa e in poesia, viene rivendicato il diritto di ribellione a una vita standardizzata, votata al lavoro e al consumismo (cfr. Lettera di dimissioni di Lorenzo sul n. 00 e il Testamento ironico di Stefano Mondo sul n. 1), così come viene orgogliosamente ribadita una diversità irriducibile rispetto ai modelli comportamentali dominanti; molti di questi testi sono infatti dedicati al tema dell’identità beat e rispondono primariamente a una esigenza di autorappresentazione personale e collettiva. In questo senso sono da considerare anche gli interventi di storicizzazione e analisi dello stesso fenomeno beat e della sua commercializzazione, a partire dalle origini negli USA. Di notevole interesse ai fini della comprensione della linea politica della rivista e del movimento beat in generale è l’articolo di Pilati, Di privato non abbiamo più che il gabinetto, la memoria, l’onanismo e la morte (n. 2), in cui si specifica come le tradizionali forme di contestazione condotte ai fini di una rivoluzione politica siano ritenute del tutto equiparabili a un oggetto di consumo e come il metodo della contestazione sia divenuto uguale al metodo di dominio poiché entrambi si basano sulla riproposizione del rapporto di inferiorità tra un’avanguardia elitaria e una “massa” proletaria. L’unico modo per tagliare l’autorità e il prestigio è la modalità provocatoria basata sull’ironia e sul gioco, utilizzati come metodo di irrisione del sistema e chiaramente ripresi dalla metodologia provo. La metodologia provocatoria, ribadisce Pilati, si presenta in questo senso come una possibilità di opposizione che rinuncia allo scontro diretto e all’efficacia duratura dei risultati, presentandosi come una critica sarcastica al sistema che agisce nel momento in cui viene compiuta, senza proporre prospettive rivoluzionarie; il principio della “volatilità” dell’esperienza che informa di sé le forme artistico-performative come l’happening viene quindi assunto a strategia di opposizione politica. Scorrendo le pagine della rivista è facile infatti constatare il venir meno della fiducia nell’ideologia comunista e in una pratica rivoluzionaria che appare fallimentare, ma anche una equiparazione dell’ideologia comunista allo spirito del consumismo – come si può immediatamente notare nell’ironica poesia di Sigiani, Finalmente risolti i problemi dell’umanità (n. 2) – specchio di un generalizzato atteggiamento anti-ideologico presente nel fenomeno beat prima della forte politicizzazione che accompagna il movimento nel Sessantotto. Nell’intervento di Pilati vengono di fatto approfonditi gli argomenti già espressi nel numero precedente con il manifesto programmatico Metodologia provocatoria, in cui si promuove la pratica di iniziative non violente atte a provocare una reazione isterica nel borghese ben pensante e più in generale nella vecchia generazione attraverso l’uso del sarcasmo e della dissacrazione; si parla nello specifico di azioni come manifestazioni permanenti, manifestazioni-spettacolo, happening politico, festa congresso etc., riprendendo di fatto pratiche e tecniche interartistiche delle avanguardie storiche e di quelle più recenti come il Situazionismo. Tra le manifestazioni di questo tipo si devono ricordare in particolare la “manifestazione dei fiori”, in cui i beat milanesi si presentano ai poliziotti con in mano dei fiori, e la manifestazione permanente “degli impermeabili”, che vede molti giovani passeggiare per il centro di Milano con scritte provocatorie sugli abiti. Nella metodologia provocatoria l’arte e la letteratura diventano parte integrante delle pratiche di opposizione culturale e politica, ma anche, propriamente, della vita quotidiana dei beatnik, così come ribadisce Sandro Maler nell’articolo sui beat e l’arte, nel quale si legge che «dalla fuga dei mondi condizionati [il beat] passa all’attiva trasformazione di essi, mediante l’arte beat […] il beat sperimenta, cercando se stesso e trovando gli altri, la concreta verità umana, la vita integrale» (n. 3). Si afferma cioè, all’interno del movimento, e in maniera particolarmente consapevole nelle pagine di «Mondo beat», una coincidenza tra la sfera estetica, quella politica e quella personale. In quest’ottica la poesia finisce per occupare molte delle pagine della rivista nonché un ruolo primario all’interno della strategia politica, presentandosi come mezzo d’espressione privilegiato. La sperimentazione interartistica coinvolge in parte anche la sfera delle arti grafiche, nonostante per ragioni soprattutto finanziarie, «Mondo beat» è molto sobria e poco colorata; vi compaiono tuttavia i primi disegni di Giorgio [Giò] Tavaglione, illustratore “ufficiale” delle riviste beat, e qualche rudimentale collage di immagini, oltre che i primi poster da appendere al muro realizzati anch’essi da Tavaglione; nell’ultimo numero appare un disegno di Guido Crepax – al tempo già abbastanza affermato – in segno di solidarietà contro il violento sgombero del campeggio in via Ripamonti, che segna la fine della rivista. Dopo lo sgombero De Martino accoglie l’invito di Giangiacomo Feltrinelli a ospitare un ultimo numero della rivista in segno di solidarietà; il numero, che verrà distribuito nelle librerie della casa editrice, si apre con un editoriale dello stesso Feltrinelli che con lo pseudonimo di Gigi Effe inquadra il fenomeno beat nella prospettiva politica di uno sciopero permanente dal lavoro; compare nella rivista anche un appello a favore dei beat contro la repressione della polizia firmato da molti intellettuali, tra cui alcuni membri del Gruppo 63 con i quali il gruppo di «Mondo beat» aveva intrattenuto rapporti di scambio e di confronto, senza tuttavia trovare reali punti d’incontro dal punto di vista politico. Il numero è quasi interamente dedicato allo sgombero e alla fine del movimento che, a questo punto, diventa programmata, seguendo la pratica situazionista dell’autodissoluzione. Alcuni collaboratori della rivista, in disaccordo con la connivenza con l’industria culturale segnata dalla collaborazione con Feltrinelli, fonderanno la rivista «Urlo e grido beat», mentre Gerbino, sin dall’inizio contrario all’uscita con Feltrinelli e convinto che l’esperienza di «Mondo beat» fosse terminata già con lo sgombero, venderà la testata.
La rivista consta di 7 numeri in totale pubblicati con periodicità irregolare, ma perlopiù quindicinale.
n. 0, 15 novembre del 1966, intitolato «Mondo Beat» e indicato come numero unico progressivo, 860 copie in ciclostilato; in copertina un disegno di Enea e il titolo della rivista.
Contenuti:
M.P.G. [Melchiorre “Paolo” Gerbino], intervento senza titolo a favore della pace; Edoardo, Non Poetiche ma poeti; Renzo [Freschi], Fenomeno beat; Ivo della Savia, Perché mi rifiuto di diventare soldato; Ho Huu Tuong, I buddisti e la guerra. Lettera di un risuscitato a J. P. Sartre; Renzo [Freschi], Ombre al sole [poesia]; Poppi [Ranchetti], Milano beat [poesia]; Renzo [Freschi], Fuochi d’artificio [poesia]; Nazim Hikmet, [poesia senza titolo]; Cina, Anime pratiche [poesia]; Cina, Restiamo nel nostro mondo [poesia]; Gennaro [De Miranda], Il preside tardo-mentale; M. P. G., Il signor Todisco e l’amore; Vittorio Di Russo, Il signor Di Tosco e la guerra, La redenzione; Quiz [poesia indovinello].
n. 00, 30 dicembre 1966, intitolato «Mondo beat/Onda verde» e indicato come numero unico, ciclostilato; in copertina la foto di Vittorio Di Russo, fondatore della rivista, incarcerato a San Vittore pochi giorni prima.
Contenuti:
Paolo [Gerbino], Vittorio Di Russo incarcerato a San Vittore; Gianni Milano, “Pourquoi ces cannons?”; Agor [Antonio Pilati], Le scelte castrate; Betanik’s Clan-Monza, Lettera al Partito; Lorenzo, Lettera di dimissioni [poesia]; Renzo [Freschi], I Beatniks oggi; Il mondo beat dei piccoli [poesia di un bambino pervenuta alla rivista con una introduzione della redazione]; Anita, Like wind [poesia]; Tella [Ferrari], Bianca di vento [poesia]; Tella [Ferrari], Colpisci cento [poesia]; G. F. S. [Gianfranco Sanguinetti], Dio esiste/Dio non esiste; Gennaro De Miranda, Introduzione al buddismo [si specifica che De Miranda è stato investito e ucciso da un’automobile e che l’articolo non avrà seguito; l’episodio ha grande risonanza in tutto l’ambiente beat milanese]; Marco Maria Sigiani, Per una grammatica sociale del sesso. Il numero termina con una nota in cui si legge: «Da un certo tempo le attività di Mondo beat si svolgevano parallele a quelle dell’onda verde. La direzione verso cui ci si muove era la stessa: utile quindi una fusione. Proprio oggi che siamo in tempi di meste “unificazioni”, la nostra fusione suona come qualcosa di molto diverso, in quanto non ci sono rinunce, compromessi all’insegna della morente politica del “buon viso e cattivo gioco”. Dietro le meste unificazioni infatti ci sono confessioni di debolezza di chi si consegna ad un altro, affidando all’altro la fatica di pensare. La nostra fusione è stata spontanea e senza forzature: prima noi non ci conoscevamo; poi ci siamo conosciuti e abbiamo lavorato insieme; dopo ci siamo accorti che questo si chiama fusione. Dietro le meste “unificazioni” ci stanno mesi di preparazione diplomatica in cui si fa una sola cosa: si guarda continuamente nel piatto dell’altro per scoprire chi sarà ad avere la fetta più grossa della gran torta alla crema. – “Mondo beat” e l’Onda verde non hanno giocato alla solita partita a scacchi grazie alla quale chi vince perde più del perdente».
n. 1, 1 marzo 1967, intitolato «Mondo beat», primo numero autorizzato; 4.000 copie a stampa; in copertina un collage di fogli di via obbligatori composto da Melchiorre Gerbino.
Contenuti:
Stefano Mondo, Testamento; Renzo Freschi, La squola, la squola, squola; Marco Daniele (Onda Verde Provo), Metodologia provocatoria dell’Onda Verde; M. Paolo G. [Melchiorre Gerbino], Per dirlo con le parole; Andrea Valcarenghi (Onda Verde), Discorso sulla pace generica; Peter Cadogan, Per definire la nostra terminologia; Carlo Silvestro, Con rispetto parlando; Ivano Urban (Roma), Poesie; Carlo Silvestro (Roma), Basta [prosa poetica]; Tella [Ferrari], Bocche piene di fango [poesia]; Enrico, Ma chi sono?. Il numero termina con il Manifesto della base di Mondo beat firmato Beat Provos “Onda verde”: «Mondo beat 10000 manifestini- Mondo beat è giornale unitario di tutti i gruppi beats, provo di Milano e Onda verde»; in seguito si ribadisce il lancio dei Piani bianchi per i diritti civili, già argomento di Metodologia provocatoria.
n. 2, 15 marzo 1967, 7.000 copie a stampa; copertina su carta colorata con composizione di immagini e un disegno di Giò Tavaglione intitolato L’Italia dei nostri padri se ne va. Italia addio!.
Contenuti:
Renzo Freschi, La squola la squola la squola [prosa poetica]; Livio Cafici, Gli odiosamati; Enrico, Attualità. Il corriere dei Beats; Livio [Cafici], I santini sono più legali di mondo beat?; Marco Maria Sigiani, Da Berkeley a noi. Una proposta per il movimento studentesco e la riforma della scuola; [non firmato] Cosa accade a piazza di Spagna? Cosa accade; Claudio [Pitschen], Sentieri [poesia]; Cecilia, Ma chi sono?; Carlo Masi, Libertà sessuale; Monica Maimone, Lettera aperta a Mondo beat; [Marco Maria Sigiani], Finalmente eliminati i problemi dell’umanità (frammento di un poema epico del XX secolo); Etra Occhialini, Cronaca politica; Agor [Antonio] Pilati, Di privato non abbiamo più che il gabinetto, la memoria, l’onanismo e la morte.
n. 3, 30 aprile 1967, 8.000 copie a stampa; in copertina la dichiarazione Il “Corriere della Sera” e i Beats e la foto di una manifestazione non-violenta.
Contenuti:
Paolo Viganò, Si dice: i giovani d’oggi sono gli accademici conservatori di domani; Renzo Freschi, La guerra la guerra e sempre la guerra; Franca, La società degli struzzi [poesia]; Giuseppe Curcio, L’uomo e la botte; Luigi Raverta, Il capellone e il provveditore; Giuseppe Franzosi, Economia e coscienza; Livio Cafici, I Beataliani. Ovvero: come non preparare un minestrone beat; Ombra [Giorgio Cavalli], Cordusio; Renè Vento, Fuori [prosa]; Tella [Ferrari], Il ponte che scricchiola [poesia]; Tella [Ferrari], Qualcuno ha detto [poesia]; Claudio Pitschen, Dare [poesia]; Sandro Maler, I Beats e l’arte. Il numero termina con la copia dell’esposto di Mondo beat alla questura di Milano contro le violenze della polizia, datato 3 aprile 1967.
n. 4, 31 maggio 1967, 12.000 copie a stampa, in copertina slogan del movimento; il numero presenta una particolare tecnica di stampa, per leggerlo bisogna aprire le pagine e ruotare di 90 gradi; un grande Manifesto di Giò Tavaglione costituisce l’inserto, metà delle copie contengono una metà del disegno, le altre 6.000 l’altra metà.
Contenuti:
Michele Rallo, Lettera aperta a Mondo beat; OM [Gianni De Martino], Senza motivi. Senza anima [poesia]; Paola, Al punto di partenza [prosa]; OM [Gianni De Martino], [poesia senza titolo]; Tella [Ferrari], [poesia senza titolo]; Anto Mariani, La famiglia focolare di egoismo; Claudio Pitschen, [poesia senza titolo]; Renzo Freschi, 19664 [poesia]; Tito Livio Ricci, La partitocrazia causa dello stato di crisi della gioventù; Giovanna Carlier, Lettera per Mondo beat; Giuseppe Franzosi, Buddismo-Zen-Beats; Gian Luigi, Il campione e il morto; Renato, [prosa senza titolo]; Livio Cafici, Dalla foglia di fico alla vernice: l’abbigliamento è uno scherzo inesauribile perché giovane; Claudio Alemagna, Educazione sessuale all’italiana; A. OM [Gianni De Martino e Adriano], Dateci un sacco a pelo e tenetevi le bandiere.
n. 5, 31 luglio 1967, stampato e distribuito da Feltrinelli, numero delle copie non determinato.
In copertina Gigi Effe [Giangiacomo Feltrinelli], Lo sciopero è riuscito e Gianni Ohm [De Martino], Noi di Nuova Barbonia. Milano in stato d’assedio. Seguono: Valerius [Valerio Fantinel], 3 proposte per la soluzione finale dei Beats; Giuseppe Scalpo, L’Italia s’è desta; Sono con noi, appello degli intellettuali contro l’intolleranza e la violenza della polizia nei confronti del movimento beat in seguito allo sgombero del campeggio in via Ripamonti a Milano: l’elenco dei firmatari comprende alcuni membri del Gruppo 63 e della Feltrinelli, intellettuali e artisti sperimentali e d’avanguardia, tra cui Nanni Balestrini, Vittorio Gregotti, Felice Accame, Luciano Berio, Katy Berberian, Dario Fo, Franca Rame, Francesco Leonetti, Franco Quadri, e lo stesso Giangiacomo Feltrinelli. [M. Gerbino, G. De Martino, A. Di Spagna, G. Gerrini, A. D’Agosta], Querelato il Corriere; Federico, Foglio di via alla Costituzione; Rosso San Gae [Gaetano Sansone], I superuomini; [anonimo] La resistenza alla democrazia; “I nipotini del Vietnam”, I nipotini di Johnson; Livio Cafici, Ballata spontanea della condizione di libertà [poesia]; Andrea Valcarenghi, Ich bin obiettore di coscienza; Nico, [poesie senza titolo]; Nicolò Ferjancic, La gaia scienza; Livio Cafici, La paura di trasgredire; Enrico, Vorrei dare un morso al commendatore [prosa]; Rosso San Gae [Gaetano Sansone], Punto primo: Dio, perché non ci mandi i cavalli?.
BIBLIOGRAFIA:
Sulla rivista e il suo legame con il movimento beat si rimanda a Beat e mondo beat. Chi sono i beat, i provo, i capelloni, a cura di M. Guarnaccia, Stampa alternativa, Milano 1996. Per una storia dettagliata della rivista si vedano: G. De Martino e M. Grispigni, I capelloni, Mondo beat 1966-1967. Storia, immagini, documenti, Castelvecchi, Roma 1997; M. Philopat, I viaggi di Mel con una Storia documentata di «Mondo beat» a cura di M. Gerbino, Shake, Milano 2004.
[Giovanna Lo Monaco]
[scheda aggiornata al 12 novembre 2018]