POESIA CONCRETA

POESIA CONCRETA

DATE:
1943 – 1980 ca.

LUOGHI:
Studio Santandrea (Milano); Galleria Minima (Milano); Galleria del Mercato del Sale (Milano); Galleria Cenobio-Visualità (Milano); Studio di informazione estetica (Torino); Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea (Torino); Galleria Giorgio Maffei (Torino); Galleria Rotta (Genova).

RIVISTE:
Si segnalano riviste che a vario titolo hanno dedicato dei numeri o parte di essi alla poesia concreta: «Cenobio» (1952 – in corso, Lugano); «antipiugiù» (1961 – 1966, Torino); «TOOL» (1965 – 1967, Genova); «modulo» (1966, Genova); «Approches» (1966 – 1969, Parigi); «GEIGER» (1967 – 1972, Torino); «Lotta poetica» (1972 – 1987, Brescia); «Tam Tam» (1972 – 1988, Torino); «DOC(K)S» (1976 – 2007, Ventabren); «La Taverna di Auerbach» (1987 – 1990).

CASE EDITRICI:
Mediterrean Publishing Company (Roma – New York); Scheiwiller Libri (Milano); Edizioni d’arte Zarathustra (Milano); Edizioni Ixidem (Milano); Edizioni Geiger (Torino); Edizioni Morra (Napoli); Sampietro editore (Bologna); Eurpress (Roma-Napoli).

EVENTI:
Esposizione internazionale di poesia sperimentale (Castelfranco Veneto, maggio 1967); Mostra di Antologia della poesia concreta oggi in Italia (Milano, 15-19 maggio 1967); Parole sui muri (Fiumalbo, 8-18 agosto 1967); Mostra internazionale di poesia concreta e musica elettronica (Bergamo, 10-15 dicembre 1967); Poesia 1 mostra internazionale di poesia concreta (Piacenza, 16-19 marzo 1968); Mostra di poesia concreta presso la Biennale di Venezia (Venezia, 25 settembre – 10 ottobre 1969); Esposizione La forma della scrittura (Bologna, febbraio 1977).

CASE EDITRICI:
Mediterrean Publishing Company (Roma – New York); Scheiwiller Libri (Milano); Edizioni d’arte Zarathustra (Milano); Edizioni Ixidem (Milano); Edizioni Geiger (Torino); Edizioni Morra (Napoli); Sampietro (Bologna); Eurpress (Roma-Napoli).

DESCRIZIONE:
La poesia concreta è un fenomeno di difficile datazione e categorizzazione a causa della sua natura proteiforme. Ad ogni modo, è possibile rinvenirne la nascita nel 1943 con la pubblicazione di Tipogrammi per Marinetti e di Parole per la guerra di Carlo Belloli, il quale agisce come precursore e diffusore di una poesia che egli chiama visuale, contrassegnata dalla semantizzazione del carattere tipografico, dello spazio bianco e della materia del supporto. I contatti di Belloli con Emilio Villa e quelli di quest’ultimo con Waldemar Cordeiro, esponente del Grupo Ruptura di San Paolo, esporteranno i principi della poesia concreta in Brasile dove, nel 1952, viene fondato il Grupo Noigandres da Augusto de Campos, Haroldo de Campos e Décio Pignatari. L’anno seguente, Eugen Gomringer, Marcel Wyss e Dieter Rot fondano a Berna la rivista «Spirale» (1953-1964), dove trovano spazio numerose poesie concrete, per esempio di Helmut Heissenbüttel, di Ernst Jandl e di Claus Bremer. Risale al 1956 l’Esposizione Nazionale di Arte Concreta presso il Museo di Arte Moderna di San Paolo a cui partecipa, tra gli altri, lo stesso Gomringer. Il gruppo brasiliano si organizza programmaticamente e giunge a redigere, nel 1958, un Piano pilota per la poesia concreta, in cui vengono esposti i principi fondamentali del movimento, tra i quali la creazione della poesia come una struttura; l’eliminazione dell’io poetico per la ricerca dell’oggettività; l’esclusione di procedure casuali e ornamentali; l’identificazione della poesia come un oggetto a sé stante che comunichi il suo contenuto-struttura e non il suo contenuto-messaggio. E’ in questi anni che Gomringer entra in contatto con Franz Mon e Max Bense, i quali daranno linfa alla poesia concreta europea sia dal punto di vista pratico che da quello teorico. Bense, oltre a scrivere i quattro volumi di Aesthetica (1954-1960), fonda la rivista «Rot» (Stoccarda, 1960-1997) che rappresenta un importante terreno di dibattito tra poeti concreti di tutto il mondo come Dieter Rot, Ian Hamilton, Pierre Garnier, Emmett Williams, Gerhard Rühm, i Noigandres e, ovviamente, Belloli. Estremamente interessato alla relazione tra algoritmi matematici ed estetici, il filosofo tedesco pone l’attenzione sui concetti di serie, di permutazione e di disposizione, afferenti all’ambito della combinatoria, in rapporto alla poesia. L’Italia, il Brasile e la Germania rappresentano, dunque, i centri propulsori di questa sperimentazione neoavanguardistica che nasce dalla necessità di rompere con la tradizione, per rielaborare un nuovo linguaggio artistico capace di mescolare la poesia, la tecnologia, la pittura, la musica, la matematica, il design, l’architettura e la fotografia. Avvertendo in pieno il sovvertimento della realtà circostante a causa della rivoluzione industriale e tecnologica, questi poeti mettono in discussione sia l’istituzione artistica che il linguaggio perché privati, dopo secoli di stratificazioni simboliche, di un vero e proprio messaggio. La loro volontà, in definitiva, è quella di ridurre il linguaggio al grado zero, provocando un big bang comunicativo che riavvii il meccanismo di semantizzazione sotto nuovi auspici. Per quanto concerne l’ambiente culturale italiano, abbiamo già dato cenno dell’importanza di Carlo Belloli per lo sviluppo della poesia concreta, già a partire dagli anni Quaranta: opere come Testi-poemi murali (Milano, 1944), Texte poème poème texte (Frauenfeld, 1961) o Poema di viaggio (Napoli, 1991) rappresentano solo alcuni dei suoi migliori risultati. Docente, critico e artista, Belloli funge da guida soprattutto per Arrigo Lora-Totino e Adriano Spatola, due poeti più giovani che esploreranno anche la poesia gestuale, fonetica, visiva e ginnica. Arrigo Lora-Totino incarna completamente il ruolo di operatore verbale aperto ad ogni mezzo artistico-espressivo. Partendo da una pittura di stampo espressionista e da una poesia lineare, Totino fonda a Torino, nel 1961, la rivista «antipiugiù» di cui usciranno soltanto quattro numeri. Coadiuvato da Armando Novero, Sergio Acutis, Paolo Carra, Giuseppe Davide Polleri e Celeste Micheletta, il poeta elabora un periodico avente l’obiettivo di superare sia l’Ermetismo che il Neorealismo, anche se i primi due numeri resteranno ancora legati a una poesia lineare. E’ estremamente interessante che fin dall’inizio si riscontri il cosiddetto “fiume di parole”, cioè un esperimento di scrittura automatica e istintiva che rispecchia l’abbattimento della torre eburnea per aprirsi a infinite possibilità e a infiniti linguaggi. In Imperfetto («antipiugiù», n° 1) e in Mario («antipiugiù», n° 2, 1962), Totino registra una realtà caratterizzata dall’alienazione, ma è da questa constatazione che il poeta reagisce cercando nuovi registri. Dal terzo numero (1963), infatti, la rivista accoglie numerosi poeti concreti come Franz Mon e Sergio Hediger, proponendosi come per le sperimentazioni verbovisive. Entrando in contatto con la rivista genovese «Ana Eccetera», fondata nel 1958 da Martino e Anna Oberto, ma anche con i Noigandres, Gomringer e Mon, Totino teorizza che la letteratura e l’arte in generale debbano mettersi in moto per narrare il nuovo volto della società, ormai industrializzata. L’eclissi dell’io-autoriale permetterà la registrazione automatica degli oggetti circostanti, nonché una ricodificazione del reale attraverso architetture segniche. Nel 1964, Totino fonda lo Studio di Informazione Estetica insieme a Sandro De Alexandris e a Enore Zaffiri, con lo scopo di mettere in relazione la poesia concreta, la musica elettronica e l’arte visuale, abbattendo i confini tra un’arte e l’altra. Per circa un decennio, organizzeranno numerose mostre di poeti italiani e stranieri. Il quarto e ultimo numero di «antipiugiù», pubblicato nel 1966, accoglie, ancora una volta, poeti verbovisivi, ma Totino progetta un’apertura maggiore e così fonda, nello stesso anno a Genova, la rivista «modulo» che si pone come ampio contenitore di esperienze artistiche sperimentali: dalla poesia concreta alla tape-music, dal disegno industriale alle ricerche plastico-visive. Nonostante ne sia pubblicato un solo numero, la rivista rappresenta un avamposto culturale che rispecchia, da una parte, il disagio avvertito dagli artisti per l’atteggiamento acritico diffusosi nella collettività, dall’altra il tentativo ultimo di creare una letteratura alternativa, grazie una lingua “sovranazionale” composta da segni e gesti comuni a tutte le culture. Nel 1972 conia il termine «verbotettura» per definire una creazione poetica che si sviluppa nello spazio della pagina e che, quindi, offre una lettura pluridimensionale. Il poema è visto come un edificio dove le parole costituiscono i materiali di costruzione. L’interpretazione di ogni verbotettura si apre a tante possibilità quante sono le direzioni di lettura (verticale, orizzontale, obliqua ecc.). Gli effetti optical, le permutazioni e la serialità sono elementi fondamentali per queste architetture di parole, come si può vedere in Y (Frosinone, 1983), ed è in tal senso che possiamo rinvenire un’aderenza teorica con l’Arte programmata, propugnata dal Gruppo N e dal Gruppo T. Negli stessi anni, Totino inizia a realizzare i «cromofonemi», opere riconomponibili all’infinito in base alle più svariate associazioni tra fonemi e colori, e i «corpi di poesia», cioè poemi tridimensionali di belloliana memoria che indagano le nuove prospettive spaziali. A partire dagli anni Ottanta, Totino dedicherà la sua attenzione soprattutto alla poesia sonora e alla poesia ginnica. Adriano Spatola, dopo una stagione legata ancora alla poesia lineare, Le pietre e gli dei (Bologna, 1961), e alla narrativa tradizionale, L’oblò (Milano, 1964), approda alla poesia concreta attraverso una raccolta di collages di grafemi frammentati che vanno sotto il titolo di Zeroglifici (Bologna, 1966): quest’opera ha degli evidenti punti di contatto con il Lettrismo, movimento artistico fondato nel 1946 da Isidore Isou, che degrada e scarnifica il linguaggio fino al suo nucleo originario rappresentato dalla lettera. Il Lettrismo è giunto in Italia attraverso il Gruppo 58 – cui fanno parte tra gli altri Luigi Castellano, Guido Biasi, Lucio Del Pezzo, Bruno Di Bello – che si esprime nell’importante rivista partenopea «Documento-Sud» (Napoli, 1959-1961). Nel 1967, Adriano Spatola fonda, con suo fratello Maurizio, il periodico «GEIGER» (Torino, 1967-1972) che darà spazio a poeti-pittori-architetti-musicisti, o per meglio dire artisti-totali, tra cui annoveriamo, per esempio, Giuliano Della Casa, Ugo Carrega, Timm Ulrichs, Henri Chopin, Franco Verdi, Vincenzo Accame, Luigi Ferro, Maurizio Nannucci, Franz Mon, Claudio Parmiggiani, Arrigo Lora-Totino, Mirella Bentivoglio, Marina Apollonio, Luciano Ori e il suo caro amico Julien Blaine, con cui lavorerà, negli anni Settanta, alla rivista «DOC(K)S» (Ventabren, 1976-1999) sviluppando il concetto di «poesia elementare». Molti di costoro partecipano all’Esposizione internazionale di poesia sperimentale tenutasi a Castelfranco Veneto dal 14 maggio al 4 giugno dello stesso anno: questa manifestazione, che ha un respiro mondiale, ospita tra i più grandi poeti concreti e dà vita a lunghi dibattiti riguardo alle ultime sperimentazioni e all’estetica cibernetica. Tra il 1967 e il 1969 vengono organizzate numerose mostre dedicate alla poesia concreta, tra cui è da segnalare quella avvenuta alla Biennale di Venezia dal 25 settembre al 10 ottobre. Tra i più attivi promotori vi è sempre Adriano Spatola. Già in «GEIGER» si rintracciano i principi che egli agglomera in un’opera teorica rilevante, Verso la poesia totale, pubblicata nel 1969 da Rumma Editore: il saggio riprende numerosi postulati di Bense e li rielabora per formulare il concetto di poesia aperta che inglobi ogni forma di arte e di espressione. Estremamente critico nei confronti della società, Spatola parte dal presupposto che la poesia sia ormai deceduta per cui è necessario crearne una nuova che sia fluida e libera dalle schematizzazioni. Il prezzo da pagare in tal senso è il declassamento dell’artista ad anonimo operatore che crea automaticamente le sue opere. A Torino, Spatola fonda anche la rivista «Tam Tam» (1972-1988), altro punto di riferimento nazionale e internazionale per artisti e poeti sperimentali, per poi orientarsi con più impegno, alla fine del decennio, verso la poesia sonora e la poesia gestuale. Se è vero che i centri propulsori del movimento si trovano in Italia, in Brasile e in Germania, è altrettanto vero che la poesia concreta è stata adottata da poeti di tutto il mondo, dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Norvegia al Messico, dall’Olanda alla Francia. E’ proprio oltralpe che si rintracciano alcuni dei protagonisti più importanti della sperimentazione in oggetto. Tra costoro segnaliamo Henri Chopin che è stato un artista poliedrico, un regista, un performer e un promotore culturale estremamente attivo a partire dagli anni Cinquanta del Novecento. Dal 1957 intrattiene rapporti con i lettristi per poi entrare a far parte del gruppo degli Ultralettristi con Jean Louis Brau, François Dufrêne e Gil Joseph Wolman: grazie a questa esperienza ripensa alla sonorità di ogni lettera dell’alfabeto e esplora nuovi campi espressivi. Nell’ambito della poesia concreta è particolarmente incisivo con i suoi «dactylopoèmes», cioè dei testi scritti a macchina dove la fittissima rete di fonemi sovrapposti crea degli effetti visuali. Nel 1987 entra a far parte della redazione della rivista internazionale «La Taverna di Auerbach» (1987-1990) che persegue l’obiettivo dell’intermedialità. Nel 1993 pubblica con Paul Zumthor Les Riches Heures de l’Alphabet, un libro dedicato alle infinite possibilità offerte dall’alfabeto. Amico di Chopin ed esponente indiscusso della poesia concreta è Pierre Garnier il quale, sul finire degli anni Cinquanta, si interessa alla relazione che intercorre tra suono, parola, immagine e gesto. Nel 1963 pubblica il Manifeste pour une poésie nouvelle visuelle et phonique, il Deuxième manifeste pour une poésie visuelle e il Plan pilote fondant le Spatialisme sulla rivista «Les Lettres» (Parigi, 1945-1967). Lo Spazialismo, teorizzato da Garnier e da sua moglie Ilse, incentiva una poesia che si sviluppa lungo le varie direzioni della pagina, espandendosi, riducendosi o deformandosi. Altrettanto importanti sono le sue «poesie meccaniche», pubblicate nel 1965 da André Silvaire, nelle quali i caratteri tipografici si dispongono in molteplici forme, avvicinandosi alle «costellazioni» di Gomringer e ai «dattilopoemi» di Chopin. In seguito all’incontro con il poeta giapponese Seiichi Niikuni, Garnier pubblica Troisième manifeste du spatialisme (1966), dove si pone numerosi interrogativi riguardo alla ricezione alterata delle parole in base alle traduzioni linguistiche, e, nello stesso anno, le Poèmes franco japonais. Nel 1985, dopo aver partecipato a numerose mostre internazionali, elabora le «Poèmes géométriques», caratterizzate dall’accostamento quasi sinestetico tra forme geometriche e parole, dando un ruolo considerevole al vuoto che corrisponde al silenzio. Julien Blaine viene certamente influenzato sia da Chopin che da Garnier, ma riesce a portare la poesia ai suoi limiti estremi. Provocatorio e dissidente, Blaine è attivo nella poesia concreta, sonora, visiva e gestuale, organizza mostre e happening, dirige riviste e cura collane editoriali. Segnaliamo il periodico «Approches» (Parigi, 1966-1969) di respiro internazionale e interdisciplinare che ospita poeti come Pierre Garnier, Henri Chopin, Eugen Gomringer, Seiichi Niikuni e Haroldo de Campos, e «DOC(K)S», fondamentale piattaforma di indagine verbo-visuale che dà conto di esperienze “periferiche”, dalla Cina al Canada, dalla Russia al Brasile. Rifiutando il concetto di operatore verbale, Blaine conferisce all’artista il ruolo di traduttore della realtà e vede l’opera artistica come atto di sfida e di resistenza nei confronti della società massificata. Nel 1962 teorizza la «poesia semiotica» caratterizzata dalla dematerializzazione del linguaggio che si fa segno. Quest’ultimo, però, per costituire un’opera artistica deve essere manipolabile da parte dell’artista, deve riferirsi a un oggetto e deve significare qualcosa per il fruitore. Secondo questa lente è possibile leggere Paragenesi, una raccolta poetica pubblicata da Blaine nel 1968, dove si susseguono permutazioni di «o» e di «i» che prima sono macchie e poi divengono lettere dotate di fisicità: rievocando un passato pre-linguistico, Blaine auspica un rinnovamento, una genesi appunto, di un nuovo linguaggio capace di dar conto a un nuovo mondo. Concentrato su un’indagine lettristico-strutturale, Blaine utilizza le lettere dell’alfabeto per sperimentazioni concrete e visive. Il ritorno a una comunicazione immediata e universale conduce Julien Blaine a teorizzare, insieme ad Adriano Spatola, la «poesia elementare» e a realizzare, nel 1986, la raccolta 13427 Poèmes Mètaphysyques. Negli anni seguenti, Blaine spazierà dalle performances ai collages, dalle installazioni alle mere provocazioni per mostrare il suo dissenso e per affermare la libertà dell’arte. La poesia concreta si disperde e, al contempo, si moltiplica dagli anni Ottanta in poi, contaminando non solo le nuove sperimentazioni artistiche, legate soprattutto al mondo digitale, ma anche il sistema pubblicitario. Contrastando una società ormai degradata e artefatta, i poeti concreti sono riusciti a decodificare i cambiamenti e a proporre delle vie d’uscita, cercandone una nuova-atavica globale.

BIBLIOGRAFIA:
Per una panoramica d’insieme sulla poesia concreta si rimanda ai seguenti volumi: Emmett Williams, An Anthology of Concrete Poetry, New York, Something Else Press, 1967; Dietrich Mahlow, Arrigo Lora-Totino (a cura di), Poesia concreta. Indirizzi concreti, visuali e fonetici, dal Catalogo La Biennale di Venezia, Ca’ Giustinian / Sala delle Colonne, 25 settembre – 10 ottobre 1969, Venezia, Stamperia di Venezia, 1969; Mary Ellen Solt, Concrete Poetry: a world view, Bloomington, Indiana University Press, 1970; Liselotte Gumpel, “Concrete” Poetry from east and west Germany. The Language of Exemplarism and Experimentalism, New Haven and London, Yale University Press, 1976; Maria Teresa Balboni, La pratica visuale del linguaggio: dalla poesia concreta alla nuova scrittura, Pollenza-Macerata, La Nuova Foglio, 1977; Matteo D’Ambrosio, Bibliografia della poesia italiana d’avanguardia: poesia visiva, visuale, concreta e fonetica, Roma, Bulzoni, 1977; Adriano Spatola, Verso la poesia totale [1969], Torino, Paravia, 1978; Bob Cobbing, Peter Mayer, Concerning concrete poetry, London, Writers Forum, 1978; John Jessop, International Anthology of Concrete Poetry, Toronto, Poetry Toronto Books, 1978; Franco Verdi, Poesia concreta, poesia visiva, scrittura poetica, Verona, I. Mabellini, 1979; Augusto De Campos, Haroldo De Campos, Décio Pignatari, Poesia Concreta in Brasile, a cura di Leonora de Barros e Paula Mattoli, Milano, Archivio di Nuova Scrittura, 1991; Roberto, Antolini, Verbovisuali. Ricerche di confine fra linguaggio verbale e arte visiva, Milano, Skira, 2003; Valerie Bodden, Concrete Poetry, Biddulph, Creative Education, 2009; Melania Gazzotti, Poesia concreta, poesia visiva. L’archivio Denza al Mart: opere e documenti, Cinisello Balsamo, Silvana Editoriale, 2013; Giosuè Allegrini, Lara-Vinca Masini (a cura di), Visual Poetry: l’avanguardia delle neoavanguardie, Milano, Skira, 2014. Per approfondire la figura di Adriano Spatola rimandiamo ai seguenti volumi: Pier Luigi Ferro (a cura di), Adriano Spatola poeta totale. Materiali critici e documenti, Genova, Costa & Nolan, 1992; Giovanni Fontana (a cura di), I libri di Adriano Spatola, Modena, Biblioteca Poletti, 2008; Per approfondire la figura di Arrigo Lora-Totino rimandiamo ai seguenti volumi: Mirella Bandini, Il teatro della parola di Arrigo Lora-Totino, Torino, Lindau, 1996; Renato Barilli, Pasquale Fameli, Arrigo Lora Totino. Il poeta visivo sonoro performativo, Pasian di Prato, Campanotto, 2014; Giovanni Fontana (a cura di), Arrigo Lora Totino. In fluenti traslati, Brescia, Fondazione Berardelli, 2018. Su Pierre Garnier si rimanda al Catalogo Pierre Garnier. L’isola, Brescia, Fondazione Berardelli, 2007. Riguardo a Julien Blaine si rimanda al Catalogo dell’esposizione Julien Blaine’s Total Art, Brescia, Fondazione Berardelli, 2008; al Catalogo dell’esposizione Blaine au Mac, un tri, Marsiglia, Al Dante, 2009; al volume La poésie à outrance: à propos de la poésie élémentaire de Julien Blaine, a cura di Gilles Suzanne, Dijon, Les Presses du réel, 2015.

 

[Clementina Greco]
[scheda aggiornata al 18 marzo 2019]