A/traverso

A/traverso

DATA INIZIO:
maggio 1975

DATA FINE:
maggio 1988

LUOGO:
Bologna

PRINCIPALI COLLABORATORI:
Franco Berardi [Bifo], Marzia Bisognin, Luciano Cappelli, Claudio Cappi, Matteo Guerrino, Paolo Ricci, Stefano Saviotti, Maurizio Torrealta.

DESCRIZIONE:
Considerata la rivista più rilevante nell’ambito della controcultura degli anni Settanta e esperienza pilota dei fogli della cosiddetta “ala creativa” (cfr. C. Salaris, Il movimento del 77, AAA, Bertiolo 1997, p. 66), «A/traverso» sembra realizzare al meglio l’obiettivo di fondo che interessa le riviste e le varie forme di espressione creativa dei movimenti di dissenso già a partire dagli anni Sessanta, ovvero il programma di sovversione dell’ordine del discorso in opposizione al discorso dell’ordine – secondo il noto slogan foucaultiano – nell’ottica utopistica di una rivoluzione politica e sociale. Allo stesso tempo, più di altre riviste, sembra portare a compimento il processo di massificazione che coinvolge l’avanguardia – segnalato tempestivamente da Maurizio Calvesi e Umberto Eco proprio a partire dall’analisi della rivista e di quelle degli Indiani metropolitani – e quasi “consumare” il sogno delle avanguardie storiche dell’abolizione dell’arte come istituzione elitaria separata dalla società. «A/traverso» viene fondata a Bologna nel 1975 da un collettivo di militanti di Potere operaio e di studenti universitari “facente capo” a Franco Berardi, conosciuto come Bifo, uno dei più noti animatori del panorama controculturale italiano. Del collettivo fanno parte anche Maurizio Torrealta, Stefano Saviotti, Luciano Cappelli, Claudio Cappi, Paolo Ricci, Matteo Guerrino e Marzia Bisognin. Tra il maggio del 1975 e l’estate del 1981, periodo di quella che si può definire la prima serie della rivista, vengono pubblicati in tutto 20 numeri, oltre a 5 quaderni e altri fogli correlati come manifesti, volantini e numeri realizzati in collaborazione con altri gruppi e riviste. Tra questi si deve ricordare «Finalmente il cielo è caduto sulla terra», realizzato in collaborazione con la rivista romana «Zut», legata agli Indiani metropolitani. La pubblicazione avviene programmaticamente in modo irregolare e in connessione con alcuni avvenimenti specifici (come l’“insurrezione” del movimento a Bologna del marzo 1977), raggiungendo la tiratura massima di 8.000 copie; come molti altri fogli la rivista esce come supplemento di «Stampa Alternativa» e di «Rosso». Il programma della rivista è basato sulla pratica creativa della scrittura, intesa direttamente come pratica sovversiva capace di incidere sulla realtà modificandone il principale sistema rappresentazionale, ovvero il linguaggio, il quale, come già dimostrato da Foucault e da Barthes, risponde a un determinato sistema ideologico e di potere perpetrandolo. Il linguaggio non è, dunque, mero rispecchiamento del reale, ma mistificazione operata dal potere, e per contrastare il potere bisogna andare oltre lo specchio, esattamente come l’Alice di Lewis Carrol, simbolo stesso del Settantasette e, in particolare, del movimento bolognese, nato durante i seminari di Gianni Celati al DAMS di Bologna. Nel programma della rivista convogliano, oltre alle teorie di Foucault, quelle di Lacan, Deleuze, Guattari, ma anche di Artaud e, in sostanza, di tutto l’orizzonte filosofico che caratterizza i movimenti degli anni Settanta. La rivista inaugura uno “stile di scrittura” che influenzerà profondamente tutte le altre riviste del periodo, che coincide con un vero e proprio programma politico, conosciuto con il nome di Trasversalismo e connotato dall’uso della barra che “taglia” le parole. La barra che separa le lettere, che “attraversa” le parole già nel titolo della rivista – ripresa da Lacan e indicante il rapporto di separazione tra significato e significante -, è costantemente utilizzata all’interno della rivista e si diffonde a macchia d’olio in tutti i movimenti degli anni Settanta. Essa ha la funzione di rendere manifesta la contraddittorietà all’interno del sistema linguistico e la polisemanticità insita nei segni, in funzione contestativa rispetto ai significati imposti dalle convenzioni linguistiche, ovvero sociali. Dalla rivista si sviluppa anche la “corrente” del Maodadaismo, che serpeggia nel movimento e che prevede l’unione concettuale tra la lezione delle avanguardie storiche, con in testa Dada, e la rivoluzione culturale cinese, vista nel segno della democratizzazione dei processi di produzione culturale e del superamento della separazione dell’intellettuale dalla società (cfr. L. Chiurchiù, La rivoluzione è finita abbiamo vinto, DeriveApprodi, Roma, 2017, pp. 98-100).  In quest’ottica il collettivo di «A/traverso» rifiuta invero le soluzioni elitarie delle avanguardie storiche e critica apertamente la strategia del Gruppo 63 e di «Quindici» – che avevano mantenuto, a loro giudizio, la distanza tra intellettuale e massa – eleggendo invece a proprio “nume tutelare” Majakovskij, che si era calato appieno nel processo rivoluzionario, superando tale separazione (cfr. Sulla strada di Majakovskij, in «A/traverso», Quaderno n. 3, giugno 1976). L’obiettivo di «A/traverso» è infatti quello di fare dell’utilizzo creativo, ovvero poetico, del linguaggio un’arma a disposizione di tutti nella quotidianità per resistere al condizionamento sociale e politico, superando la separatezza dell’arte, come istituzione, dalla realtà, ma anche di istituire una sorta di identificazione tra linguaggio creativo e rivoluzione politica (cfr. «A/traverso», febbraio 1977).  Il rapporto stabilito tra la scrittura e il reale – ovvero tra parole e cose, e tra segno linguistico e gesto politico – rimane connotato da non poche contraddizioni, come già notato da Eco e Calvesi, ma costituisce certamente il fulcro della strategia rivoluzionaria della rivista. Molte delle soluzioni stilistiche adottate nei testi presenti sulla rivista riportano immediatamente alle avanguardie storiche, secondo modalità che sono state illustrate, tra i primi, da Calvesi e Claudia Salaris. Tuttavia, si deve considerare a questo proposito che all’interno di «A/traverso» sono presenti, soprattutto, interventi programmatici dedicati alla tematica del linguaggio, che ricordano nel tono i manifesti delle avanguardie storiche (si vedano ad esempio Soggetto collettivo che scrive, «A/traverso», marzo-aprile 1977; Scrittura trasversale e fine dell’istituzione letteraria e Maodadaismo. Scrittura/pratica antiistituzionale, in «A/traverso» Quaderno n. 1, ottobre 1975) e saggi di ordine filosofico e politico, in cui si nota l’influenza dell’operaismo e del pensiero di Toni Negri. I saggi, talvolta di difficile lettura, sono affiancati da alcuni testi propriamente poetici, che si situano, nota Chiurchiù, negli spazi delle pagine rimasti vuoti, a latere rispetto ai proclami politici, che invece campeggiano sul foglio. I testi poetici, anch’essi ispirati nella forma alle avanguardie storiche, sono improntati, per lo più, alla parodia letteraria e il contenuto è direttamente rapportabile all’attualità politica e alla realtà del movimento. La vera “rivoluzione” operata dalla rivista appare soprattutto riguardare, secondo alcuni osservatori, la composizione tipografica. L’horror vacui che spesso caratterizza le pagine delle riviste underground si contraddistingue su «A/traverso» per la radicalità programmatica di alcune soluzioni e per il particolare uso della tecnica del collage tra gli interventi, anch’essa di derivazione avanguardistica. Come nota Niva Lorenzini, testi di diversa natura vengono accostati secondo orientamenti diversi e mutevoli sulla pagina (orizzontale, verticale, diagonale), si riscontrano la compresenza di caratteri tipografici e scrittura a mano, e, soprattutto, una sperimentazione tipografica che mira all’estrema deformazione delle parole (tagliate da simboli, cancellate, ingigantite, etc.) e all’infrazione della linearità della loro successione, fino a renderle illeggibili e costringendo il lettore a ruotare o capovolgere il foglio, ovvero obbligandolo a una  lettura dinamica (cfr. N. Lorenzini, La scrittura orale, in 1977. L’anno in cui il futuro incominciò, a cura di F. Berardi, V. Bridi, Fandango 2002, p. 161). Questo “stile” di impaginazione richiama per molti aspetti quello del punk, presente in particolare sulle fanzine inglesi, ma con il punk ha in comune anche l’idea di una comunicazione “sporca”, disturbata e dissonante rispetto allo standard comunicativo. Questo concetto si accentua all’interno del gruppo della rivista con il lavoro svolto alla radio. Nel febbraio 1976 il collettivo di «A/traverso» è infatti protagonista di una delle iniziative più note del movimento del Settantasette, la creazione di Radio Alice, diventata una sorta di simbolo del movimento. La radio permette di esplorare nuove modalità di comunicazione e porta il collettivo a rielaborare, in parte, la propria teoria sulla comunicazione mediatica – sulla scorta delle proposte di Brecht e di Enzensberger, quest’ultimo ex membro del Gruppo 47 – focalizzandosi sull’utilizzo di un linguaggio sporco che, da un lato porti a galla il rimosso sociale, dall’altro porti all’appropriazione dei mezzi di comunicazione e di produzione della cultura. Va segnalato in questo senso che una delle principali novità introdotte da Radio Alice è quella di lasciare assoluta libertà di espressione a chi interviene per telefono durante le trasmissioni e si deve ricordare il ruolo centrale della Radio nelle vicende del Settantasette bolognese. Nello stesso frangente la rivista modifica la strategia comunicativa superando la nozione di testo delirante e schizo, e spostandosi, in linea con altre riviste come «Zut», sulla diffusione delle notizie false e sulla parodia, riprendendo tecniche di matrice situazionista (cfr. Informazioni false che producono eventi veri, in «A/traverso», febbraio 1977). Dopo la chiusura di Radio Alice e la violenta repressione del movimento del Settantasette, comincia una fase di crisi anche per la rivista, duramente colpita dalla perquisizione della radio, dagli arresti e dalla latitanza di Bifo. Vengono pubblicati, tuttavia, altri fascicoli – non numerati, come tutti quelli precedenti – fino agli ultimi due, del 1980 e 1981 che, secondo Chiurchiù, possono considerarsi una sorta di testamento del sogno utopistico che aveva animato la rivista. Nello stesso 1981 viene pubblicata anche la ristampa anastatica di 14 numeri della rivista, nel tentativo, si direbbe, di conservare memoria di quanto fatto e di auto-storicizzarsi, ma già nel 1977, in questo senso, viene pubblicato da L’Erba voglio anche il volume Alice è il diavolo. Storia di una radio sovversiva, a cura del collettivo di «A/traverso», che raccoglie materiale eterogeneo sulla rivista, sulla radio e sul movimento (nella riedizione effettuata da Shake nel 2002 è allegato un CD con la registrazione delle trasmissioni). Nel febbraio del 1987 «A/traverso» viene ripubblicata, per 7 numeri fino al maggio 1988, con il sottotitolo di «Rivista di critica del tempo», presentandosi tuttavia più in linea con gli standard del mercato editoriale.

BILBLIOGRAFIA:
Per la storia della rivista si rimanda in primo luogo a Luca Chiurchiù, La rivoluzione è finita abbiamo vinto. Storia della rivista «A/traverso», DeriveApprodi, Roma 2017, cui si è fatto esplicito affidamento per la stesura di questa scheda. La bibliografia in merito a «A/traverso» e, soprattutto, a Radio Alice è molto vasta: si veda preliminarmente Alice è il diavolo. Sulla strada di Majakovskij: testi per una pratica di comunicazione sovversiva, a cura di Luciano Capelli e Stefano Saviotti, L’erba voglio, Milano 1976, realizzata dallo stesso collettivo della rivista e riedito in una diversa versione da Shake, Roma 2002. Sul legame con le avanguardie storiche si rimanda a Maurizio Calvesi Avanguardia di massa, Feltrinelli, Milano 1978, e a Claudia Salaris, Il movimento del Settantasette. Linguaggi e scritture dell’ala creativa, AAA, Bertiolo 1997. I saggi di Umberto Eco relativi al Settantasette sono contenuti in Sette anni di desiderio (1976), Bompiani, Milano 2012. Si veda anche 1977. L’anno in cui il futuro incominciò, a cura di Franco Berardi (Bifo) e Veronica Bridi, Fandango, Roma 2002. Sulla collaborazione con la rivista «Zut» si rimanda a Bifo, Finalmente il cielo è caduto sulla terra, Squilibri, Milano 1978. Sulle strategie utilizzate dalla rivista, le idee che animano la linea editoriale e la “posizione” di «A/traverso» rispetto all’intero movimento del Settantasette si vedano di Danilo Mariscalco, Autonomia e abolizione dell’arte. Emergenze maodadaiste nel movimento del Settantasette, in «Palinsesti», n. 4, 2014 e Dai laboratori alle masse. Pratiche artistiche e comunicazione nel movimento del ’77, Ombre corte, Verona 2014.

[Giovanna Lo Monaco]
[scheda aggiornata al 22 maggio 2019]