Diffusione e conservazione

Diffusione e conservazione

Nell’immagine, registrazioni a Leningrado (Perezapis’ v Leningrade), primissimi anni ’70. Fotografia di Igor Stesev

 

I protagonisti

 

Il fenomeno della circolazione clandestina di nastri magnetici e supporti sonori ebbe una diffusione capillare in tutta l’Unione Sovietica, ma si concentrò in alcune cerchie o orbite di persone che ruotavano intorno ai Club della canzone indipendente, (Klub samostojatel’noj pesni, KSP) e soprattutto intorno ad alcuni raccoglitori o collezionisti. Il numero esatto è difficile da stabilire, tuttavia emergono dal novero dei giovani entusiasti e degli appassionati di musica alcune figure che contribuirono in modo decisivo alla divulgazione e, in seguito, alla conservazione di questi materiali sonori.

Si tratta di persone molto diverse per formazione, interessi e grado di coinvolgimento nel processo di diffusione del materiale sonoro attraverso canali non ufficiali: alcuni erano già molto attivi nell’ambito del Samizdat, altri limitarono la propria attività a un particolare genere o periodo della loro vita.

In ordine cronologico, uno dei primi protagonisti è Edmond Nikolaevič Dëmin (1929-1997) il cui patrimonio, a partire dalla fine degli anni Novanta (1998 circa), viene conservato e ampliato da Pëtr Trubeckoj (1958) diventando così uno dei più importanti archivi (fonoteka) tuttora presenti in Russia. Edmond (Edik) Dëmin dirigeva la Sezione municipale di Mosca del turismo acquatico, ma era ben più noto tra i giovani del Dopoguerra per aver iniziato, a partire dai primissimi anni Cinquanta, a registrare tutto ciò che riusciva ad ascoltare: concerti, canzoni eseguite sui treni a breve percorrenza e durante i grandi raduni (slët) al di fuori dei centri abitati, nei territori, spesso periferici, dell’Unione Sovietica. Dëmin divenne ben presto il centro propulsivo del primo Magnitizdat, attorno a lui si riunivano molti entusiasti della poesia cantata – sia autori, sia interpreti – in quanto molte canzoni, in quei primi anni, si potevano ascoltare soltanto a casa sua. Alla sua morte la moglie, Zarja Akeksandrovna, e la figlia Marija, si rivolsero a Pëtr Trubeckoj per chiedergli come disporre nel miglior modo possibile dell’archivio. Trubeckoj decise allora di assumersi la responsabilità della conservazione del lascito di Dëmin, scansionò tutti i suoi taccuini e digitalizzò l’archivio. Per svolgere al meglio questo complesso lavoro Trubeckoj si avvalse dell’aiuto di un amico di Dëmin, Viktor Vladimirovič Redin (1934), anch’egli archivista e curatore di fonoteche, che nel 1962 era stato introdotto da Dëmin nel mondo dei KSP. L’archivio di Redin è ora curato da Trubeckoj.

A Leningrado, invece, sia sul fronte del Samizdat, sia su quello del Magnitizdat era attivo Vladimir Kovner (1937), ingegnere meccanico e traduttore, emigrato nel 1979 negli Stati Uniti. Tra il 1960-1961 instaurò i primi rapporti con alcuni appassionati della musica “non di massa”, tra cui Michail Černichovskij (1938-2001), in seguito “uno dei più attivi diffusori del Magnitizdat e del Samizdat a Piter” (Vestnik, n° 7 (344) 31 marzo 2004) come afferma lo stesso Kovner in uno scritto di memorie dal significativo titolo Il secolo d’oro del magnitizdat.

Nei primi anni Sessanta, nell’atmosfera di relativa distensione e libertà del periodo del disgelo, Černichovskij soleva trasmettere, durante la pausa pranzo della radio locale, canzoni di Bulat Okudžava, Aleksandr Vertinskij e molti altri registrate da Kovner, finché l’iniziativa non attirò l’attenzione della dirigenza del Partito e venne pertanto subito sospesa. Un decennio più tardi, nel 1973, Černichovskij fu il curatore di una raccolta di canzoni di Aleksandr Galič, corredata da alcuni scatti del giornalista e fotografo Michail Balcvinik (1931-1980), a sua volta attivo diffusore di materiale in Samizdat e grande collezionista di Vertinskij.

Nelle dinamiche di diffusione di tracce sonore spesso la tecnologia svolgeva un ruolo di primaria importanza, soprattutto per quanto riguardava la qualità del materiale registrato. Per tale motivo nel 1962 il nome di Boris Rachlin acquistò un certo rilievo, grazie all’ingombrante apparecchiatura installata nel monolocale a Leningrado in cui viveva con la moglie e due figli; in questo modo la qualità delle registrazioni aumentò notevolmente, dando un ulteriore impulso alla loro diffusione. Nel 1973 Rachlin realizzò un album dal titolo Canzoni della mala (Blatnye pesni) in cui egli, imitando la voce del celebre cantante Leonid Utësov, interpretava un ciclo di canzoni della mala e che in brevissimo tempo si diffuse per tutto il Paese come “nastro di Utësov”, con grande disappunto dello chansonnier russo che non apprezzò l’idea.

Un altro Rachlin, Gidalij (Gennadij) Moiseevič (1906-1967) si fece promotore di tre iniziative di grande rilievo nella storia della canzone d’autore degli anni Sessanta. Ex direttore del Negozio dell’Unione degli Scrittori sul Nevskij Prospekt, dopo essere stato condannato per il Leningradskoe delo e aver scontato la sua pena nei lager staliniani (1949-1956), venne riabilitato dallo Stato sovietico e diventò direttore del negozio di poesia accanto al teatro Marinskij, al cui interno ben presto si formò una sorta di club di appassionati di poesia. Nel 1965 dopo la messa in scena de L’anima buona di Sezuan di Bertold Brecht il direttore dell’allora appena nato Teatr na Taganke (Teatro alla Taganka), Jurij Ljubimov, insieme ad alcuni attori della troupe fu invitato a casa di Gidalij e Lija Jakovlevna Rachlin. Tra gli attori presenti c’era anche Vladimir Vysockij a cui Ljubimov chiese di cantare alcune canzoni. Il 23 aprile del 1967 si ripeté l’incontro, e un terzo avvenne il 9 maggio 1967. Come sottolinea Kovner “Questi tre concerti casalinghi di Vladimir Vysockij e di altri attori del Taganka a casa di G.M. Rachlin sono stati senza dubbio un evento significativo nella storia dello sviluppo e della diffusione delle canzoni dei bardi”.

A partire dalla metà degli anni Sessanta il destino della “poesia con la chitarra” si legò sempre di più al nome di Vladimir Frumkin (1929), musicologo, scrittore, giornalista radiofonico, docente di lingua russa, specialista dell’opera di Dmitrij Šostakovič e uno dei primi teorici della canzone d’autore che in quegli anni non aveva ancora uno statuto di genere ben definito. Dal 1964 al 1968 fu il conduttore delle serate letterarie e musicali del celebre “Vostok”, il primo club di “poesia con la chitarra” nato all’interno della Casa della Cultura degli operai dell’industria alimentare di Leningrado. Di Frumkin rimase celebre la relazione Musica e parola (Muzyka i slovo), letta nel maggio del 1967 sulle rive del fiume Kljaz’ma, nei pressi di Petuški (Vladimirskaja oblast’) durante il primo Seminario nazionale sui problemi della canzone indipendente (d’autore) a cui presero parte molti autori di Mosca, Leningrado, Novosibirsk e Minsk. Frumkin strinse presto amicizia con Bulat Okudžava, Aleksandr Galič, Julij Kim, Aleksandr Gorodnickij e molti altri, mantenendo i rapporti anche dopo l’emigrazione negli Stati Uniti, nel 1974, quando iniziò a dedicarsi attivamente alla promozione dei poeti con la chitarra in terra americana. Ricorda Kovner che, nei giorni precedenti la partenza di Frumkin, egli aveva preparato con Michail Kryžanovskij (1943-1994) 12 cassette contenenti registrazioni di buona qualità di canzoni di vari autori. Frumkin prese con sé quelle di Okudžava e Vysockij, mentre preferì spedire quelle di Galič tramite l’ambasciata americana. Alla dogana, gli addetti smagnetizzarono tutti i nastri che Frumkin aveva tentato di far uscire dall’URSS, mentre il pacco con i nastri di Galič scomparve misteriosamente. Nel 1980 e 1986 Frumkin riuscì a pubblicare due raccolte di canzoni di Bulat Okudžava con annotazioni musicali (spartiti), testi in russo e in inglese e fotografie molto suggestive.

L’ingegnere e fisico Michail Kryžanovskij, oltre a essere uno dei maggiori attivisti del “Vostok”, divenne negli anni Settanta, uno dei massimi collezionisti di Leningrado, custode delle canzoni di 104 autori. Proprio a lui alla fine degli anni Ottanta, cioè in piena perestrojka, si rivolse la casa discografica sovietica “Melodija” per iniziare a stampare su disco le raccolte complete dei maggiori cantautori, che nell’ultimo scorcio di Unione Sovietica erano molto più visibili e tollerati.

La lista di collezionisti impegnati in questa pratica è molto più ricca e variegata, il quadro è quindi eterogeneo e frammentario, ma le persone qui citate sono da considerarsi protagonisti indiscussi del movimento di circolazione e diffusione del materiale sonoro all’interno dell’Unione Sovietica.

È interessante ricordare anche alcune figure che si mossero al di fuori dei confini dell’URSS, in particolare Aleksandr (Alik) Štromas (1931-1999), storico e pubblicista di origine lituana, docente di politologia in varie università degli Stati Uniti e dell’Inghilterra e amico di lunga data di Vladimir Kovner. Nel 1974, insieme a un terzo amico, realizzarono il primo disco di canzoni di Aleksandr Galič che Štromas riuscì a stampare all’estero. L’imponente archivio di Štromas è ora conservato nella sua città natale, Kaunas, in Lituania.

Nel 1977, a Parigi, invece comparve il monumentale lavoro di Vladimir Efimovič Alloj (1945-2001), Le canzoni dei bardi russi (Pesni russkich bardov); l’opera comprendeva 40 cassette che offrivano un vasto panorama della poesia con chitarra fino ad allora registrata, inclusi interpreti meno noti dentro e fuori i confini dell’Unione Sovietica. La collezione era accompagnata da 4 volumi con i testi delle canzoni. Benché nella prima edizione la qualità del suono fosse scarsa e i volumi contenessero molti errori, l’edizione rimane una pietra miliare nell’ambito del tamizdat musicale (per una storia completa della raccolta dei nastri e della pubblicazione.

Sul fronte della musica rock, che in Unione Sovietica si diffonde (sempre in maniera non ufficiale) a partire dagli anni Settanta, vale la pena ricordare Joanna Stingray (nata Joanna Fields, 1960), cantante e attrice americana che negli anni Ottanta divenne una figura centrale della diffusione di musica rock russo-sovietica in Occidente. Dopo un viaggio a Leningrado durante il quale conobbe Boris Grebenščikov e gli altri protagonisti della scena rock dell’epoca, iniziò a trafugare all’estero la loro musica fino a realizzare, nel 1986 il doppio album Red Wave: 4 Underground Bands from the Soviet Union (Big Time Records, Australia) che conteneva canzoni di Akvarium, Kino, Alisa, Strannye Igry e altri. Fu il primo contatto per l’Occidente con la musica rock sovietica.

A oggi, uno dei maggiori specialisti della conservazione e diffusione del Magnitizdat, resta senza dubbio Petr Trubeckoj, che ha raccolto più di 200 archivi privati contenenti materiale che negli anni Cinquanta-Ottanta circolava in modo clandestino, una cifra che in realtà è certamente più elevata ma che dà già idea della capillarità del fenomeno.

 

Bibliografia e Sitografia

Alloj V., «Zapiski autsajdera», in In Memoriam. Sbornik pamjati Vladimira Alloja, sost. T.B. Pritykina, O.A. Korostelev, Feniks-Atheneum, 2005, pp. 17-156.

Okudžava B., 65 pesen (Muzykal’naja zapis’, redakcija, sostavlenie V. Frumkin), Ann Arbor, Michigan: Ardis, vol. 1 1980, vol. 2 1986.

Kovner V., Zolotoj vek magnitizdata, in Vestnik, № 7, 31.03.2004. http://www.vestnik.com/issues/2004/0331/win/kovner.htm

Ronkin V., Magnitofonnyj samizdat, 2000. http://www.ronkinv.narod.ru/brd.htm

 

 

[Giulia De Florio]

[Scheda aggiornata al 1 giugno 2019]