Nouveau Roman

Nouveau Roman

DATE:
1953-1971

GRUPPI E LUOGHI:
Parigi, Cérisy-La-Salle

PROMOTORI:
Michel Butor, Jérôme Lindon, Claude Ollier, Robert Pinget, Jean Ricardou, Alain Robbe-Grillet, Nathalie Sarraute, Claude Simon

PARTECIPANTI:
Samuel Beckett, Michel Butor, Jean Cayrol, Marguerite Duras, J. M. G. Le Clézio, Claude Ollier, George Perec, Robert Pinget, Jean Ricardou, Alain Robbe-Grillet, Nathalie Sarraute, Claude Simon, Kateb Yacine

CASE EDITRICI:
Éditions de Minuit

EVENTI:
1971: Cérisy-La-Salle: Nouveau Roman: Hier, Aujourd’hui; Organizzazione: Jean Ricardou, Françoise van Rossum-Guyon. Partecipanti: Suzanne Allen, Jean Alter, Danielle Bajomée, Renato Barilli, Tom Bishop, Charlotte Bush, Madeleine Caminade, Pierre Caminade, Jean-Christian Bouvier, Lucien Dallenbach, Jacques De Decker, Claudette Delhez-Sarlet, Ivan Dimic, Joseph Duhamel, Françoise Gaillard, Maurice De Gandillac, Anne Fabre-Luce, André Gardies, Marguerite Girard, Françoise Hamel, Clasine Heering, Léo H. Hoek, Tsutomu Iwasaki, André Jarry, Elly Jaffé-Freem, Raymond Jean, G.-W. Ireland, Jacques Leenhardt, Sylvère Lotringer, Michel Mansuy, Bruce Morrissette, Claude Ollier, Yanouchka Oppel, Hélène Prigogine, Edgar Reichman, Jean Ricardou, Alain Robbe-Grillet, Pierre Robin, Léon S. Roudiez, Michel Rybalka, Denis Saint-Jacques, Nathalie Sarraute, Karlheinz Stierle, Mieke Taat, Joseph Tans, Raïssa Tarr, Liliane Temime-Chedeau, Micheline Tison-Braun, Eddy Treves, Françoise Van Rossum-Guyon, Marcelle Wahl.

DESCRIZIONE:
L’espressione Nouveau Roman, coniata con valore fortemente negativo dal critico Émile Henriot in un articolo uscito il 22 maggio 1957 sul quotidiano «Le Monde», indica generalmente una tendenza o una linea di ricerca della narrativa francese in un periodo compreso tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta del Novecento. Essa accomuna una serie di narratori affatto diversi tra loro insistendo su alcune costanti sia tematiche che stilistiche, talvolta riassunte da definizioni come école du regard, école de l’objet, école objective, école du refus. Minimi comuni denominatori del Nouveau Roman sono, in tal senso, il netto rifiuto nei confronti del romanzo tradizionale, l’opposizione al realismo letterario incarnato dall’opera di Balzac e il superamento dell’engagement di stampo sartriano. Più nel dettaglio, il Nouveau Roman si contrappone su un piano poetico alla metafisica che sorregge la narrazione realistica, ovverosia critica i concetti di “anteriorità” e “interiorità”. Mette in discussione l’importanza conferita alla trama, alla psicologia dei personaggi e alla funzione del narratore onnisciente. Attacca i presupposti di un impegno politico di tipo contenutistico, per spostare l’attenzione verso una maggiore attenzione alle forme e soprattutto alle strutture della narrazione. Cerca, infine, un superamento autre o comunque una discontinuità rispetto alle poetiche di Proust, da un lato, e di Joyce, dall’altro. Piuttosto che come la narrazione di un’avventura, i romanzi in questione si configurano come l’avventura di una narrazione, per dirla con un’efficace definizione di Jean Ricardou. Sebbene non si possa parlare di movimento in senso proprio, né tanto meno di gruppo di avanguardia, è da notare che la collaborazione di Robbe-Grillet con le Éditions de Minuit di Jérôme Lindon, a seguito della pubblicazione del romanzo Les Gommes (1953), comportò un riuso in senso propositivo e auto-definitorio dell’etichetta Nouveau Roman. Tale riuso, con valore se non di una poetica comune almeno di intenti estetici paragonabili, permise tra la fine degli anni Cinquanta e gli anni Sessanta di riconoscere all’interno di una tendenza sperimentale molto generale un nucleo di romanzieri che esplicitamente poteva riconoscersi sotto la comune insegna (Sarraute, Butor, Simon, Ollier, Pinget, Ricardou). Questi scrittori iniziarono ad essere definiti anche come école de Minuit. Per tale motivo si è soliti indicare il 1953 come anno zero del movimento. Jean Bloch-Michel, nella pionieristica monografia Le présent de l’indicatif (1963), ricorda tuttavia che stabilire con precisione una data di inizio resta compito particolarmente arduo. Alcuni critici fanno risalire l’origine del movimento addirittura al 1939, quando fu pubblicata la prima edizione dei Tropismes di Nathalie Sarraute. Altri propongono il 1945, data di edizione di Le tricheur di Claude Simon. Altri ancora, come Bernard Pingaud (1958), preferiscono il 1951, quando esce Molloy di Samuel Beckett. La ricca produzione narrativa dei nouveaux romanciers fu accompagnata da una serie di pubblicazioni di ordine critico e teorico. Vennero precisate in questo modo le molteplici sfumature che l’etichetta assumeva in relazione all’opera dei singoli scrittori. I quattro saggi che compongono L’Ére du soupçon (1956) fanno i conti con la grande tradizione del romanzo moderno. Nathalie Sarraute, con essi, inscrive la propria opera in una vera e propria genealogia (Dostoevskij, Kafka, Faulkner, Dos Passos, Henry Green), sottolineando tuttavia che dopo Proust, Joyce e Freud il lettore è entrato in quella che lei chiama l’età del sospetto. Un sospetto rivolto essenzialmente alle convenzioni che sorreggono la rappresentazione narrativa, soprattutto rispetto alla costruzione psicologica dei personaggi e delle trame. Di contro anche lo scrittore, secondo Sarraute, ha ormai abdicato alla portata universale, o comunque sovraindividuale, di una rappresentazione dell’umanità per “tipi”, come avrebbe voluto un certo modello di realismo. Il romanziere che opera nell’età del sospetto deve piuttosto indirizzarsi verso la scoperta del nuovo, laddove la ripetizione di modalità di rappresentazione collaudate gli è, per così dire, preclusa. Con Pour un Nouveau Roman (1963), che raccoglie interventi teorici scritti da Robbe-Grillet a partire dal 1953, il tono si fa assai più polemico. Gli obiettivi, d’altro canto, diventano decisamente più radicali. Molti degli articoli in questione, infatti, nascono come risposte più o meno dirette alle polemiche innescate dai propri romanzi e alimentate dalla critica (da Jean Guéhenno a Jean-René Huguenin). La riorganizzazione complessiva di tale materiale, beneficiando anche delle imbeccate del Barthes del Grado zero della scrittura (1953), ribadisce la necessità di superare il modello balzacchiano di romanzo, nonché la determinazione di una linea di ricerca letteraria distante da ogni tentativo di rispecchiamento della realtà. Il romanzo, in opposizione al modello sia narrativo che ideologico rappresentato da Sartre, al quale pure Robbe-Grillet deve dichiarare alcuni debiti, non rappresenta contenuti del mondo, ma costruisce un proprio mondo, portando alle estreme conseguenze la consapevolezza dell’avvenuta reificazione della realtà stessa. L’impalcatura che sorregge tale costruzione resta visibile al lettore, mentre le ossessive descrizioni, peculiari della prosa robbe-grillettiana consegnano al lettore, come ha notato Galia Yanoshevsky (2005), la significazione di oggetti privi di una vera referenza al mondo esterno. Pour un Nouveau Roman fu considerato come una sorta di Manifesto del movimento, o per lo meno di una declinazione specifica di esso. Relativamente alla produzione teorica del gruppo, in questa sede si devono citare, poi, le incursioni critiche di Michel Butor, consegnate soprattutto a Essay sur le roman (1964), nonché alla serie dei Répertoires (1960-1982), e soprattutto gli studi di Jean Ricardou: Problèmes du nouveau roman (1967), Pour une théorie du nouveau roman (1971) e Le nouveau roman. Suivi de Le raison de l’ensemble (1973). In essi, Ricardou, già membro del gruppo di Tel Quel, propose con più forza di chiunque altro l’idea di un Nouveau Roman come gruppo vero e proprio. Peraltro, il terminus ante quem del movimento, collocabile nel 1971, può essere riferito proprio al suo magistero. In questa data Ricardou organizzò un grande convegno presso Cérisy-La-Salle dal titolo Nouveau Roman: Hier, Aujourd’hui. Il convegno rievocò retrospettivamente le caratteristiche essenziali del movimento, canonizzandolo a partire dal suo tramonto. Inoltre, le presenze e le assenze all’evento servirono a Ricardou per precisarne i confini. Il critico estese l’invito ad un gruppo di romanzieri piuttosto largo. Interpretò poi la scelta di partecipare o di declinare l’invito come la sottoscrizione di una militanza vera e propria. Il Convegno non riuscì a celare le differenze incolmabili tra quanti pure accettarono l’invito, ma permise sicuramente di circoscrivere una tendenza generale ad un gruppo assai più omogeneo, con l’esclusione di coloro che, come Beckett o Duras, non vi presero parte. Il Nouveau Roman fu un movimento apparentemente distante da qualsiasi impegno politico diretto. Butor, Ollier, Robbe-Grillet, Sarraute e Simon figurano, tuttavia, tra i firmatari del Manifeste des 121 (1960), e possono essere collocati, perciò, nel contesto della sinistra massimalista che ne ispirò la stesura. Il Manifesto, pubblicato dalla rivista «Vérité-Liberté» nel 1960, sosteneva il diritto all’insubordinazione militare nella guerra d’Algeria, e dava il là, come è noto, ad una serie di clamorose proteste, culminate poi nelle grandi manifestazioni per la pace del 1960/1 e nell’organizzazione delle cosiddette reti Jeanson. La sottoscrizione sarebbe costata a molti la condanna al carcere e l’interdizione dai pubblici uffici. A parte ciò, il dissenso espresso dal Nouveau Roman fu essenzialmente rivolto alle forme letterarie. Più che di un dissenso politico, dobbiamo parlare di un dissenso di ordine culturale e teorico, supportato tra l’altro dalla nascente Nouvelle critique, oltre che da alcuni vecchi esponenti dell’avanguardia storica, tra i quali André Breton. Roland Barthes, Gérard Genette e Michel Foucault dedicarono, per esempio, importanti saggi all’opera di Robbe-Grillet e più in generale alle nuove tendenze dei giovani romanzieri del gruppo (rispettivamente 1953, 1966, 1968). La risposta dell’opinione pubblica fu sovente polarizzata. Le polemiche contribuirono non poco alla diffusione dei nouveaux romans. Come ha raccontato più volte lo stesso Robbe-Grillet, per esempio, dopo l’assegnazione del Prix de Critiques a Le voyeur nel 1955, intellettuali come Henri Clouard, che si dimise persino dalla giuria del premio, e Henriot attaccarono esplicitamente lo scrittore. Altri come Maurice Blanchot e Albert Camus ne presero le difese. Tale dialettica, come spesso succede in questi casi, lo consegnò ad una certa notorietà, rinsaldata poi nel 1957, quando le polemiche su La jalousie, e sulla seconda edizione dei Tropismes di Sarraute, portarono lo stesso Henriot a coniare l’espressione Nouveau Roman. Nello stesso 1957, d’altro canto, mentre uscivano Fin de partie di Beckett e Le Vent di Simon, La modification di Butor otteneva il prestigioso Prix Renaudot, a dimostrazione del fatto che, perlomeno in alcune sue espressioni, il Nouveau Roman intercettava una necessità di rinnovamento delle forme narrative assai diffusa, e che il pubblico e la critica, in larga parte, erano (o stavano diventando) disposti ad accettarne gli esiti. L’influenza del Nouveau Roman nella letteratura europea e mondiale fu di portata straordinaria. La narrativa sperimentale e d’avanguardia degli anni Sessanta e Settanta, dal Gruppo 63 a Martin Walser, da John Fowles a Peter Weiss, deve moltissimo al lavoro di Robbe-Grillet, Butor, Simon (che peraltro nel 1985 otterrà il Nobel) Sarraute e compagni. Ma la portata generale delle poetiche del Nouveau Roman, la cui eco risuona persino ai giorni nostri non solo nella produzione di scrittori come Jean Echenoz, Marie NDiaye, Jean Rouaud o Frédéric Beigbeder, ma anche rispetto al dibattito tra fiction e non-fiction novel (si veda Shields 2010), è in realtà inquantificabile: quella stagione di innovazione e soprattutto di riflessione metanarrativa, bel al di là dei meriti dei singoli scrittori e dei risultati delle singole opere, seziona effettivamente in due la modernità, come, d’altra parte, non hanno mancato di segnalare nel corso tempo critici del calibro di Barthes, Blanchot, Foucault, Girard, Goldmann e Jameson.

BIBLIOGRAFIA
Stilare una bibliografia critica esaustiva sul Nouveau Roman eccede decisamente i compiti di questo lavoro. La mole di studi pubblicati nelle principali lingue europee, anche escludendo gli interventi sui singoli autori, è ampia e difficile da maneggiare. Bastino perciò, in questo contesto, alcune coordinate generali. A parte la produzione teorica del gruppo e gli imprescindibili saggi di Roland Barthes (Littérature objective, 1954; Littérature littérale, 1955; Il n’y a pas d’école Robbe-Grillet, 1958 e Le point sur Robbe-Grillet?, 1962, raccolti in Essais critiques, Paris, Seuil, 1964), Maurice Blanchot (Le livre à venir, Paris, Gallimard, 1963, cap. IV), Michel Foucault (M. Foucault, Distance, aspect, origine [1963], in Tel Quel. Théorie d’ensemble, Parigi, Éditions du Seuil, 1968), René Girard (Géométries du désir, Paris, L’Herne, 2010, pp. 211 e sgg.), Lucien Goldman (Pour une sociologie du roman, Paris, Gallimard, 1964, pp. 181-209), e Fredric Jameson (Postmodernism or the Cultural Logic of Capitalism [1984], Durham, Duke University Press, 1991, pp. 131-153), cui ci riferivamo in precedenza, si vedrà almeno la breve storia del Nouveau Roman che si legge nell’ormai datato Françoise Baqué, Le Nouveau Roman, Paris, Bordas, 1972. Il lavoro di Baqué, infatti, ha se non altro il pregio di mettere a sistema alcune delle principali conclusioni di due monografie seminali come il già citato Le présent de l’indicatif, di Jean Bloch-Michel (Paris, Gallimard, 1963) e Une parole exigeante. Le nouveau roman di Ludovic Janvier (Paris, Minuit 1964). Sempre del 1972 è l’importante raccolta di saggi Les critiques de notre temps et le Nouveau Roman, a cura di Réal Ouellet (Paris, Garnier). Un più ampio resoconto delle poetiche del movimento è stato pubblicato invece in lingua inglese da Ann Jefferson nel 1980 (The Nouveau Roman and the Poetics of Fiction, Cambridge University Press). Sempre in lingua inglese si vedrà anche The Nouveau Roman. Fiction, Theory and Politics di Celia Britton (Macmillan, 1992). Essenziali alla comprensione del movimento risultano i lavori di Mirelle Calle-Gruber (che si possono leggere in Itinerari di scrittura. Nel labirinto del nouveau roman. M. Butor, A. Robbe-Grillet, C. Simon, Roma, Bulzoni, 1982) e quelli di Bruce Morrissette (in particolare Les romans de Robbe-Grillet, Paris, Minuit, 1963), che pur partendo dall’analisi della sola opera di Robbe-Grillet si aprono spesso a riflessioni generali sul movimento. Si devono segnalare, in secondo luogo, Nouveau Roman et discours critique, di Claudette Oriol-Boyer (Grenoble, 1990), Simonetta Micale, Se il conte non fosse stato innamorato. Virtualità narrative nel nouveau roman (Reggio Emilia, Diabasis, 1994), Nelly Wolf, Une littérature sans histoire (Genève, Librairie Droz, 1995), Arthur Babcock, The new novel in France. Theory and practice of the nouveau roman, (New York Twayne Publishers, 1997), Francine Dugast-Portes, Le nouveau roman. Une césure dans l’histoire du récit (Paris, Nathan, 2001). In area germanofona ricordiamo almeno Vom Aesthetizismus zum nouveau Roman. Versuche kritischer Litersturwissenschaft, a cura di Peter Burger, (Frankfurt am Main, Athenaion, 1975). Prezioso infine il contributo di Galia Yanoshevsky, Les Discours du Nouveau Roman. Essais, entretiens, débats (Presses universitaires du septentrion, 2006).

 

[Federico Fastelli]
[scheda aggiornata al 4 febbraio 2019]