[Rivista] Feniks 1966

[Rivista] Feniks 1966

Data:
1966

Luogo di edizione:
Mosca

Redattore:
Jurij Galanskov

Numero totale dei fascicoli:
1

Principali collaboratori:
Aleksej Dobrovol’skij, Vera Laškova, Pëtr Rodzievskij e altri.

Descrizione:
Jurij Galanskov iniziò la sua lotta contro il regime sovietico redigendo nel 1961, con l’aiuto di altri, lo sbornik Feniks 1961, per la diffusione del quale venne arrestato e rinchiuso in un ospedale psichiatrico. Questa prima esperienza editoriale non autorizzata era nata nel contesto di Piazza Majakovskij: dopo l’inaugurazione del monumento al poeta futurista il luogo era diventato per la gioventù moscovita un punto di incontro e di aggregazione. Tra i frequentatori più assidui della piazza ritroviamo Galanskov: egli aveva inserito in Feniks 1961 il suo poema-manifesto Čelovečeskij manifest (Manifesto umano), da molti indicato come l’inno non ufficiale delle riunioni di piazza Majakovskij. Il testo, concepito per la declamazione, si inserisce come tassello fondante nel processo di auto-definizione del poeta come vittima sacrificale, come colui che si immola in prima persona in nome della resurrezione universale futura. Il concetto di rinascita sembra essere un punto fermo nell’esperienza editoriale di Galanskov, come dimostra tra l’altro il titolo Fenice dato alle due raccolte.
Dopo l’arresto e l’internamento in ospedale psichiatrico, Galanskov riprese la sua attività di podpol’nyj literator (letterato del sottosuolo), ovvero, secondo le sue parole, «colui che svolge la sua attività letteraria segretamente, in quanto fedele cittadino della sua Patria e uomo d’onore, e non può lasciar passare sotto silenzio gli scherni rivolti all’indirizzo del paese e dei suoi figli minori». Proprio per questo aveva fissato tra gli obiettivi quello di redigere una rivista pacifista; tuttavia,  in seguito all’arresto, avvenuto nel 1965, di Andrej Sinjavskij e Julij Daniėl’, Galanskov fu costretto a cambiare i suoi piani: si dedicò al sostegno degli arrestati, richiedendo il rispetto della Costituzione e delle leggi sovietiche. A supporto dei due scrittori venne organizzato il cosiddetto meeting glasnosti (meeting della trasparenza), preparato dal matematico Aleksandr Esenin-Vol’pin. Alla protesta, che ebbe luogo in piazza Puškin, presero parte circa settanta persone, tra cui anche Galanskov.
A differenza di Feniks 1961, «Feniks 1966» raccoglie documenti di carattere più propriamente pubblicistico: articoli di carattere critico-letterario, filosofico, storico, religioso e politico. Come ha affermato più volte la redazione di «Grani» la raccolta «Feniks 1966» aveva un carattere politico più rilevante rispetto alle altre riviste clandestine.
«Feniks 1966» racchiude una serie di saggi e documenti non graditi alle autorità sovietiche: Galanskov ne era consapevole, come lui stesso ammette nell’articolo redazionale Možete nacinat’ (Potete incominciare). E’ lui stesso a dichiarare il motivo della propria lotta: «Voi potrete anche vincere questa battaglia, ma perderete egualmente questa guerra. La guerra per la democrazia e per la Russia».
I testi selezionati per la rivista sembrano disegnare una critica nei confronti della situazione sovietica, tant’è che uno tra i primi saggi inseriti è Čto takoe socialističeskij realizm (Cos’è il realismo socialista) di Andrej Sinjavskij.
Oltre ad essere il redattore di «Feniks 1966» Galanskov è anche autore di poesie e saggi, tra i quali: Otkrytoe pis’mo Šolochovu (Lettera aperta a Šolochov) e Organizacionnye problemy dviženija za polnoe i vseobščee razoruženie i mir vo vsem mire (Organizzazione del movimento per il disarmo completo e generale e la pace nel mondo). Il poeta infatti non si limitava semplicemente alla riflessione sulla situazione in Urss, biasimando l’impostazione dittatoriale dell’apparato burocratico  e il ristagno letterario caratteristico del paese: il suo scopo era anche il coordinamento di un gruppo internazionale avente come fine la sensibilizzazione degli uomini in relazione al disarmo.
Il senso umanitario e di giustizia che contraddistinguevano la sua personalità lo portarono a manifestare più volte la propria disapprovazione, sia in ambito sovietico sia in ambito internazionale, come dimostrano i vari sit-in che realizzò nella prima metà degli anni Sessanta.
Subito dopo la diffusione di «Feniks 1966» Galanskov e i suoi collaboratori vennero arrestati e solo dopo un anno furono citati in giudizio nel famoso ‘Process Četyrëch’ (Processo dei quattro). L’accusa per i quattro era relativa alla diffusione di materiale antisovietico e, per quanto riguardava Galanskov, anche ai rapporti instaurati con il Narodnyj Trudovoj Sojuz (Unione popolare del lavoro), con sede a Belgrado.
Galanskov venne condannato secondo l’articolo 70 a sette anni di campo in Mordovia, luogo dove poi morì nel 1972 in seguito alle complicazioni di un’operazione chirurgica mal effettuata.
«Feniks 1966» rappresenta un esempio di glasnost’ (trasparenza) per più di un motivo: in primo luogo perché il nome del redattore e il suo indirizzo vengono riportati esplicitamente sulla rivista, riprendendo la prassi già sperimentata da Alik Ginzburg nell’almanacco Sintaksis. In secondo luogo perché la raccolta si compone di testi che criticano senza mezzi termini la situazione sovietica, identificando i colpevoli e soprattutto rendendo evidente la necessità di ripristinare le libertà fondamentali.

 

Bibliografia
[Anonimo], Feniks 1966, «Grani», N° 63, 1967, pp. 3-8.
D. Bacci, Gli inakomysljaščie e la loro eco in Italia: la pubblicazione della rivista non ufficiale Feniks ‘66, Tesi di Laurea, Facoltà di Lingue, Letterature e Studi Interculturali, Università di Firenze, A. S. 2017-2018.
M. Clementi, Storia del dissenso sovietico (1953-1991), Roma, Odradek, 2007, pp. 71-95.
Ju. Galanskov, Feniks ‘66: rivista sovietica non ufficiale, Milano, Jaca book, 1968.
Ju. Galanskov, Sbornik. Samizdat, «Grani», N°89-90, 1973, pp. 143-203.
V. Osipov, Ploščad’ Majakovskovo statj’a 70-aja, «Grani», N° 80, 1971, pp.107-140.
V. Parisi, Il lettore eccedente. Edizioni periodiche del samizdat sovietico, 1956-1990, il Mulino, Bologna, 2013, 247-262.

                                                                                                                      [Diletta Bacci]
[Scheda aggiornata al 11/06/2019]